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The Vampire Symphony

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“Il diario del professor Abraham Van Helsing”

Prefazione a cura di: Allen Conrad Kupfer
Traduttrice: Elena Rossi
Editore: Tea, collana “Teadue”
Grafica: Studio Baroni
Anno edizione italiana: 2004 (Nord), 2006 (Tea)
Disponibilità: fuori catalogo
Pagine: 222, formato brossura
ISBN: 9788850212613
Prezzo di listino: 8,00€.

Di datata pubblicazione prima per i tipi della Editrice Nord poi riproposto nella versione con copertina flessibile Tea Due, il lavoro di Allen Conrad Kupfer intitolato “Il diario del professor Abraham Van Helsing”.
Un libro che non si aggiunge semplicemente in maniera seriale a tutte le altre pubblicazioni sui vampiri e sul vampirismo, ma che, a mio avviso, segna un’importante variazione in campo narrativo su questo stereotipato stilema di genere horror. Entra di prepotenza nella narrazione la figura del celebre cacciatore di vampiri Abraham Van Helsing, non per diretta costruzione dialogico-narrativa quanto per  testimonianza postuma delle sue avventure attraverso le pagine di un diario scritto di suo pugno, trovato dal professor Allen C. Kupfer, in soffitta, tra le carte del nonno. Da subito passa con assoluta evidenza al lettore l’ipotesi che si tratti veramente del ritrovamento di un documento dall’indiscutibile valore storico, sia perché testimonierebbe l’esistenza di Abraham Van Helsing (oggi sappiamo che Stoker, per creare il personaggio del cacciatore più famoso di tutti i tempi, si basò su Arminius Vambery, persona realmente esistita) sia perché, indirettamente, ammetterebbe l’esistenza dei vampiri. Eventualità, man mano che si procede nella lettura del volume in questione, che prende sempre più consistenza dall’operazione di  ricostruzione testuale grazie cospicue  integrazioni che lo stesso Kupfer effettua, viste le numerosissime lacune presenti all’interno dei diversi fogli di cui è costituito il diario del nonno (parti mancanti, righi poco leggibili, ecc ecc…).
Esiste inoltre una precisa porzione di spazio temporale, a cui fanno riferimento le pagine del diario di Van Helsing in merito alle vicende narrate. Per la precisione, dal 1885 al 1887. Il lettore si troverà a seguire il professore Abraham Van Helsing dal suo primo incontro con una letale e splendida creatura che lo incanta con occhi fiammeggianti conducendolo quasi alla morte, per poi assistere alla strage compiuta da un lupo infernale sino all’insolita “malattia” della moglie, le cui sintomatologie portano alla chiara conclusione di vampirismo (astenìa, profondo e rantoloso respiro, convulsioni nervose ed  epilettiche in prossimità di oggetti sacri) e che condurranno la donna, dopo un abominevole nonché estenuante calvario, alla morte. E ancora un lungo viaggio dall’Inghilterra al Medio Oriente all’Ungheria, per cercare di trovare studiosi, ricerche e antidoti per quella strana malattia che sul finire dell’Ottocento stava in Europa, e non solo, per mietere centinaia e centinaia di vittime.  La plausibilità del documento, ritrovato in soffita, tra le carte del nonno da parte di Kupfer, può trovarsi in quelle pagine in cui Abraham Van Helsing espone le sue teorie in merito al rischio di una pandemia di vampirismo in Europa, davanti alle più eminenti autorità accademiche  dell’epoca. Incontrando  ovviamente solo derisione e accuse di infermità mentale, proprio in un secolo che aveva dato vita a numerose scoperte scientifiche e che, a parte qualche reverie nel campo filosofico e artistico, lasciava cadere nel folklore tutto ciò che non poteva accludersi a una ricerca scientifica e, di conseguenza, industriale. Le vicende narrate dal professore, personaggio che si mostra come uomo sia di scienza sia di fede, quest’ultima indispensabile per fronteggiare esseri  sovrannaturali, lasciano spesso senza fiato, per di più tale sensazione viene a essere amplificata  dalle integrazioni fatte dall’esimo professore tramite molteplici note disseminate nel testo e a piè di pagina.
Tutta l’opera viene impreziosita da una manciata di interessanti disegni realizzati a china, si suppone, e siglati con le iniziali V. H. (Van  Helsing?) ritraenti donne vampiro e gli strumenti del mestiere di un buon ammazzavampiri (paletto di frassino, crocifisso, acqua santa…).
Già tutto questo potrebbe mantenere il lettore su una posizione intermedia: ottimo lavoro di fantasia e perizia scritturale o…?
Qualsiasi dubbio potrebbe lasciare il tempo che trova da quanto si apprende a pagina 18: […] Vi prego, non voglio aver nulla a che fare con membri di sette, con chi crede di essere un vampiro, con i fanatici del genere gotico o con psicotici di qualsiasi genere. Non ho mai avuto intenzione di far pubblicare il diario per informare il pubblico che i vampiri esistono veramente o come libro di testo per riconoscerli e/o affrontarli. Ho semplicemente trovato un diario, vi ho scritto qualche annotazione e ora lo condivido con chiunque voglia leggerlo. Consideratelo puro intrattenimento. O consideratelo un documento sui fatti, se preferite. Ma per favore, vi prego, lasciatemi in pace. Vivo, morto, o altrimenti. Non sono vostro nemico, e neanche una minaccia. Sono soltanto un tizio che ha trovato un vecchio libro interessante. E mi dispiace di averlo trovato.
A chi è rivolta la rassicurazione di non rappresentare un’inemicale minaccia ma, soprattutto, Kupfer sarà tuttora in vita?

Misteriose impronte sui tetti. Scatta l’allarme a Val Rezzo

Le orme di piedi nudi nella neve, i pezzi di legno lanciati. E c’è chi evoca la leggenda del lupo mannaro

Rumori di notte sui tetti e, al mattino, strane impronte rinvenute sulla neve gelata che persiste a Buggiolo, oltre a pezzi di legno buttati dall’alto sui terrazzi sottostanti.

https://www.laprovinciadicomo.it/stories/olgiate-e-bassa-comasca/misteriose-impronte-sui-tetti-scatta-lallarme-a-val-rezzo_1384621_11/

Non è suggestione e non si tratta nemmeno della trovata di qualche bontempone. È accaduto qualche notte fa, con le stelle e una luna quasi piena. I residenti assicurano che sarebbe «impossibile, per qualunque animale selvatico, riuscire a raggiungere i tetti violati, accessibili solo dai solai o dall’esterno col supporto di lunghe scale». E allora chi può essere salito lassù al buio, senza alcuna ragione plausibile e col rischio di scivolare sulla neve gelata? A Val Rezzo si fa persino strada l’ipotesi del leggendario lupo mannaro.

Ipotesi a cui – lo riconoscono anche in loco – non si può dare credito, ma che in mancanza di risposte plausibili diventa comunque un modo per discutere sullo strano episodio avvenuto.

«Sono stato avvisato al mattino da alcuni vicini – racconta Piermario Cremella che a Buggiolo ha la casa ma vive per lo più a Valsolda, dove gestisce un ristorante – Mi sono incuriosito, pensando tuttavia a qualcosa che potesse avere una spiegazione logica. Ma quando sono salito fino al margine del tetto di casa mia, mi sono dovuto ricredere: ho notato, infatti, delle orme nelle neve che lo attraversavano. Orme non lasciate da scarpe; e sul balcone sottostante, anch’esso ancora innevato, c’erano dei pezzi di legno buttati dall’alto».

Almeno quattro o cinque i tetti della stessa via visitati: identiche le orme e anche i pezzi di legno gettati su terrazzi. «Pare non esserci un’interpretazione plausibile – osserva Cremella – e allora, tra di noi, ecco che abbiamo cominciato a fantasticare sulle ipotesi più strane e inverosimili».

La luna crescente e quasi piena non poteva non evocare il licantropo. Il racconto legato a questa strana creatura è diffuso in ogni parte del nostro pianeta e soprattutto tra i borghi montani più dispersi.

Un vampiro a Cibali

https://mistero.me/misteri/paranormale/andrea-vampiro-cibali-catania/

Un’incredibile vicenda riguarda la storia di Andrea, soprannominato il “Vampiro di Cibali”, raccontata da Francesco Salvatore Muscio in Misteria Licantropa e Vampirismo nella Sicilia del 1800, testo di cui esistono pochissime copie conservate nella Biblioteca Civica di Catania.

L’autore racconta che, verso la fine del 1800, il quartiere Cibali fu sconvolto da strani eventi.
Due giovani donne morirono misteriosamente a causa di inspiegabili crisi anemiche e una terza sparì senza lasciare tracce. Si appurò che tutte e tre le vittime, di umilissime origini, avevano conosciuto un affascinante e colto giovane, tale Andrea, che dopo questi tragici fatti non lasciò più notizie di sè. La comunità del rione individuò in Andrea un vampiro, soprattutto dopo che sul collo delle due ragazze vennero individuati segni attribuibili a morsi di dentatura umana.
La figura di Andrea riappare su Cronache Catanesi, in un articolo del 1941 in cui si fa riferimento ai racconti e alle leggende metropolitane della città di Catania.
Dopo questo momento, la storia di Andrea, il “Vampiro di Cibali”, sarebbe definitivamente caduta nel dimenticatoio se, a riportarla in vita, non fosse intervenuta la testimonianza di Valeria F., la quale, in una intervista resa al Gazzettino del Mistero, ha rilasciato inquietanti dichiarazioni. Queste le sue parole: “Nel 1990 studiavo Storia e Filosofia a Catania. Condividevo un appartamento con altri studenti e colleghi con i quali ero solita uscire nel fine settimana. Un sabato sera
ci recammo in un piccolo pub nel quartiere di Cibali, dove ordinammo dei panini e delle bevande. Un ragazzo si avvicinò al nostro tavolo per chiedere se avevamo da accendere e cominciammo a discutere.
Disse di chiamarsi Andrea e di essere da pochi giorni rientrato dall’Inghilterra, dove aveva lavorato presso un ristorante. Era alto, gentile e di bell’aspetto.
Sulla mano sinistra portava un vistoso anello argentato raffigurante un’aquila.
La discussione cadde sulla storia di Catania, che in quel periodo stavo studiando, e lui disse di poterci riferire particolari interessanti.
Disse che la via dove ci trovavamo nel 1800 era completamente diversa. Vi si trovava una fila di due lampioni ad olio che venivano accesi nelle ore notturne e spenti al mattino e che, dove si trova l’attuale stadio, vi era un campo adibito alla coltivazione del grano utilizzato dagli abitanti della zona. Ci raccontò che il pub dove stavamo parlando era stato prima una stalla, poi adibita frantoio nei primi anni del ‘900.
Dimostrava una conoscenza incredibile di quei luoghi del passato e, quando gli chiesi come faceva a sapere tutte queste cose, rispose che le aveva apprese dal nonno paterno.
I miei amici dovevano rientrare a casa, ma io decisi di restare a chiacchierare ancora con Andrea, trovandolo molto interessante. Alla fine accettai che mi accompagnasse a casa a piedi (abitavo vicino, nei pressi della via Roccaromana). Durante il tragitto mi raccontò, con incredibile dovizia di particolari, la conformazione antica delle vie che attraversavamo. Un particolare che mi colpì molto fu quando mi spiegò che alla fine del 1600 nell’attuale P.zza Santa Maria Di Gesù sorgeva un grande lago, circondato da bellissime ville, dove il giorno di domenica si tenevano delle vere e proprie battaglie navali e che in quelle vie passava un piccolo fiume, che gli abitanti utilizzavano per raccogliere acqua potabile o destinata alla irrigazione dei terreni.
Tutto venne ricoperto dalla lava.
Giunta a casa, ci soffermammo sul portone d’ingresso. Fu lì che, dopo un attimo d’imbarazzo, Andrea provò a baciarmi, appoggiando le labbra sul mio collo. Sentii una stretta molto forte ed ebbi paura. Proprio in quel momento passava per strada una coppia di giovani ed io ebbi il coraggio di tirarmi subito indietro e aprire il portone, richiudendolo. Dopo qualche secondo, pensai di essere stata eccessiva ad avere avuto paura senza motivo. Riaprii il portone, ma di Andrea non era rimasta traccia. La storia non finisce qui.
Il fatto più strano è accaduto trent’anni dopo, nel 2010.
Adesso sono una donna sposata e con due figli.
Nell’aprile del 2010, di sera, mi ero recata in macchina con i bambini per acquistare due pizze d’asporto in un noto ristorante-pizzeria in via Cifali, vicino al pub che frequentavo 30 anni prima.
Lasciai i bambini in auto e ritirai le pizze. Mentre stavo per uscire, notai la presenza di un ragazzo che stava entrando.
Mi venne il fiato in gola.
Aveva le stesse fattezze di Andrea. D’istinto lo chiamai per nome. “Ma tu sei Andrea, ti chiami Andrea”?
Mi guardò con sguardo ironico e disse: “No, signora, mi spiace, non sono Andrea”. Aveva una somiglianza incredibile, anche nella voce.
Non solo.
Rimasi esterefatta e senza parole, quando notai che sulla mano sinistra portava lo stesso anello che avevo notato 30 anni prima.
Sistemai le pizze in macchina e dissi ai bambini di aspettarmi due minuti. Rientrai incuriosita nel locale, ma Andrea era letteralmente scomparso.
Ancora oggi continuo a pensare a questa storia e non ho dubbi.
La persona che ho incontrato nel 2010 era proprio Andrea. Era identico a come lo avevo conosciuto 30 anni prima e non era invecchiato di un giorno.

“Twilight. Filosofia della vulnerabilità” di Monia Andreani 

Riflessione orientata alla convinzione che riconoscere la comune vulnerabilità significhi costruire nuove relazioni di cura e comunità

Copertina rigida: 120 pagine
Editore: EV Casa Editrice (16 novembre 2011)
Collana: Pensieri
Prezzo: 13,00€
ISBN-13: 9788896627013.

Dal retro: “In Twilight viaggiamo dentro una metafora della crisi. Al centro del conflitto tra vita e morte, messo in campo da vampiri, licantropi ed esseri umani, ritroviamo il senso di una vulnerabilità comune su cui riflettere per rilanciare le sfide etiche della responsabilità e dell’amore senza possesso, in cui maschile e femminile possano tracciare inediti legami.”

(…) Lo statuto vampiresco implica la dilazione di una prospettiva non ultimata nella quale alla rimandatività non corrispondono obiettivi esistensivi: i vampiri, dice la Andreani, «sono esseri senza fine, che soffrono in silenzio una condizione di morte differita», senza che alcuna soluzione si prefiguri, là dove la stessa eternità è una persistenza di corruzione. Emblemi altresì del vitalismo e dell’immunità al disfacimento organico in quanto simbolizzano quella nozione di vita che è l’annoso obiettivo della hybris scientista dalla modernità a oggi. Al rifiuto dell’obsolescenza e della corruttibilità si correla l’esistenza sospesa delle società occidentali contemporanee, dove le tecnologie medico-scientifiche, se sono in grado di rinviare la morte organica, non altrettanto paiono fungibili a incidere su quella dello spirito. Il risultato di questa controversa procedura terapeutica è lo stazionamento del paziente nel preagonico stallo di una vita mummificata molto prossima alla morte. Si verifica, in altri termini, il trionfo di una vita innaturale sulla morte naturale, esito di una pulsione che è propria di una cultura troppo progredita e tesa a esaurirsi. Tuttavia – si chiede la Andreani – «si può parlare di invulnerabilità del vampiro o riferire questo termine solo alla vita che scorre nel suo corpo?». Ora, il vampiro, essere-non essere – assimilabile a un CsO, corpo senza organi, sulla scorta di Artaud, relativamente a chi ha avuto a che fare con la tortura – assomiglia all’uomo vulnerato: sarà possibile un riempimento di una nuova trama vitale, nella fattispecie, traducendo in termini di pienezza lo svuotamento seguito all’esperienza della lesione fisica e del suo riflesso nella sfera esistenziale? Vampiro è corpo vuoto, morto e al contempo immortale, o diversamente mortale, non esposto a vulnerabilità se non mentre giace dormiente nella propria bara un sonno affine a quello di un trapassato. (…) Il possesso di una vita eterna e di una posizione prossima a quella divina non paga il vampiro di quella felicità che potrebbe derivare dall’acquisizione della immortalità cui viceversa l’umanità occidentale persegue. Immortalismo che viene avvertito come sanzione a una solitudine e una malinconia infinite. Una soprannaturalità e una preservazione che poco hanno a che fare con la conservazione della vita, ma che somigliano a un sopravvivere al di sopra della morte. Un trasumanare inquietante, giacché inclusivo di vita e di morte: non del tutto morte perché ancora sussiste un intenzionare verso la vita. Non più vita, ma fluttuazione in un interregno di vita apparente, sebbene anch’essi abbiano una fine, commensurabile a quella riduzione in pezzi che quotidianamente ci viene sottoposta dalla riproduzione mediale, che globalizza l’evento nello stesso istante in cui ne frantuma il significato, logorandolo e riducendolo a cenere, cioè a nulla, come una damnatio memoriae a libito commemorata nell’incenerimento del suo senso.
(Stralcio estrapolato dalla recensione https://www.bibliomanie.it/?p=3998).

Monia Andreani, scomparsa improvvisamente nel 2018 all’età di quarantacinque anni in seguito a un aneurisma cerebrale, è stata docente in Diritti Umani e Bioetica presso l’Università degli Studi di Urbino.
Si occupava di filosofia morale, filosofia politica e teoria femminista. Si dedicava con entusiasmo a percorsi transdisciplinari; la sua passione era l’opera lirica. Tra i suoi saggi, oltre quello preso in oggetto, ricordiamo: “Il terzo incluso” (Editori Riuniti, 2007) e, con Alessandra Vincenti, “Coltivare la differenza” (Unicopli, 2011).

  • [URL=https://www.losguardo.net/public/archivio/num16/articoli/2014_16-Monia_Andreani_Il_ritorno_dei_vampiri.pdf]”Il ritorno dei vampiri – Antropologia mostruosa e immaginario vulnerato”[/URL]
  • [URL=https://www.youtube.com/watch?v=s2gEM4diJtk]Conversazione del 2013, curata da Luciano Amato Forgnoli e dalla stessa Andreani[/URL]
  • [URL=https://www.cronachemaceratesi.it/2018/08/11/ercoli-e-tancredi-agli-aperitivi-culturali-ricordano-monia-andreani/1139469/]Giornata commemorativa per la scomparsa della docente e filosofa[/URL]
  • [URL=https://distopie.wordpress.com/]Blog “Distopie. Racconti troppo umani di mondi postumani”[/URL]
  • [URL=https://www.moniaandreani.it/]Sito a lei dedicato[/URL].

“Ci sono vampiri in Polonia?”, le strane domande al Foreign Office

Ci sono vampiri in Polonia? Qual è la trama di Braveheart? Sono alcune delle richieste che il Foreign Office britannico si è trovato a fronteggiare nel corso dell’anno. Il ministero degli Esteri ha vissuto un 2018 a dir poco intenso. L’iter per arrivare alla Brexit ha assorbito energie e risorse. La tensione con la Russia, dopo l’attacco compiuto in Inghilterra contro l’ex spia Sergei Skripal, ha portato all’espulsione di 23 diplomatici di Mosca, a cui ha fatto seguito un analogo provvedimento russo. Accanto agli incarichi più gravosi e rilevanti, però, i funzionari del Foreign Office – presente con 270 missioni in oltre 160 paesi e territori – hanno sistemato anche fascicoli surreali, come quelli svelati dal New York Times. Un cittadino, in procinto di avere un appuntamento con una donna polacca conosciuta online, ha chiesto al ministero se ci fossero vampiri in Polonia. La donna, si legge, “aveva chiesto quale fosse il gruppo sanguigno dell’uomo prima del primo incontro”. In Olanda, invece, un telespettatore ha chiesto delucidazioni dopo aver visto in tv ‘Braveheart’, il film di Mel Gibson incentrato sulle gesta dell’eroe scozzese William Wallace.

https://www.adnkronos.com/ci-sono-vampiri-in-polonia-le-strane-domande-al-foreign-office_4GknIVza7XxTCnXwXyX4X8/amp.html

The Carter Brothers

Mentre sorseggio una mousse al caffè mi appresto a narrare le vicende riguardanti John e Wayne Carter, due fratelli apparentemente normali che durante la Grande Depressione lavorando al porto, vissero all’isolato 800 di Royal Street. Proprio all’angolo tra questa strada e Saint Ann, l’appartamento al secondo piano sopra un negozio di antiquariato fu al centro di una serie di omicidi. Negli anni Trenta del Novecento i fratelli Carter avrebbero catturato, legato e lasciato dissanguare le loro vittime.
Nel 1932 una ragazzina di undici anni, dopo cinque notti devastanti, riuscì a fuggire da quel luogo e rivolgersi alle autorità, informandole di essere stata non solo rapita, ma anche che i fratelli si fossero nutriti di lei.
I suoi polsi infatti mostravano tagli, se non sufficienti a causare la morte immediata, abbastanza profondi da far drenare il sangue lentamente nei giorni successivi.
Entrando nell’appartamento, gli agenti trovarono altre quattro persone legate e recanti ferite, di cui una deceduta, e ispezionando meglio furono rinvenuti i cadaveri di altrettante quattordici persone.
Sembrava che i fratelli partissero presto ogni mattina, appena prima dell’alba e tornassero ogni sera, appena dopo il tramonto.
Toglievano le bende dai polsi di ciascuno dei prigionieri e, usando un coltello, riaprivano le ferite fino a che il sangue non sgorgava, dopodiché lo raccoglievano in tazze e bevevano fintanto che non erano sazi.
Quando i colpevoli rincasarono, ci vollero otto uomini per trattenere John e Wayne, che erano di statura e corporatura media, ma riuscirono lo stesso a darsi alla fuga, saltando dal balcone.
Acciuffati nel 1936 e condannati a morte, confessarono quasi immediatamente di essere dei vampiri e che, se rilasciati, non avrebbero avuto altra scelta che perpetrare i loro crimini, giacché la sete era incontrollabile.
Così i Carter furono giustiziati e sepolti.
Secondo la tradizione vigente di New Orleans, le bare furono scoperchiate un anno dopo tuttavia, una volta aperte, si rivelarono vuote.
Da allora nel famoso Quartiere Francese sono stati segnalati più di venti avvistamenti, includendo la testimonianza del nuovo proprietario del condominio dove un tempo i Carter risiedevano.
Proprio costui riferì di aver visto i due uomini sussurrare fra loro e, dopo aver realizzato di essere osservati, i fratelli sarebbero balzati dal balcone del secondo piano sulla strada sottostante, volatilizzandosi nella notte.
Un altro aneddoto bizzarro fu che, quando furono trasportati in vista dell’esecuzione, la carrozza nella quale sedevano si fece strada a zigzag attraverso la città, seguendo un percorso alquanto tortuoso.
In tal modo, si credeva, i vampiri non sarebbero stati in grado di ripercorrere il tragitto a ritroso per tornare alle loro dimore.
Dopotutto, si dice che i vampiri preferiscano il sangue dei loro consanguinei, non quello degli estranei.
In conclusione vorrei poter scrivere che le vittime abbiano proseguito e condotto una vita felice, che li ripagasse del trauma e delle sevizie subìte, ma così non fu.
Dei quattro sopravvissuti al diabolico duo uno continuò a “banchettare” con il sangue, rendendosi fautore di ben quarantaquattro assassinii per mezzo dell’acido solforico.
Scomparve da New Orleans nel 1949, ma il suo diario venne rinvenuto nella casa di Bourbon Street durante alcuni lavori di ristrutturazione.
Una delle donne attentò alla propria vita, mentre l’altra si fece volontariamente internare in un ospedale psichiatrico fino alla fine dei suoi giorni.

(Apparso in origine su “Vampiri – Gli Immortali”, forum di cui sono una delle moderatrici globali: https://immortals.forumfree.it/m/?t=75950246).

La fugace apparizione di un vampiro nel locale? La foto diventa subito virale

Una foto a dir poco “spettrale” è stata scattata durante un raid della polizia in un club indonesiano dove solitamente si tengono serate basate sul karaoke. L’immagine mostra, almeno all’apparenza, uno spirito malvagio che possiede una donna.

https://www.newnotizie.it/2018/01/03/un-vampiro-fantasma-nel-locale-la-foto-diventa-subito-virale/amp/

L’immagine è stata poi consegnata a un esperto soprannaturale che risiede nella città di Probolinggo, in Indonesia.

Ahmad Hasyim crede che la donna sia stata sopraffatta da un mitico “jinn” – un tipo di genio – che ha preso la forma di un fantasma.

La foto ha scatenato così tanto panico sui social media che i poliziotti sono stati costretti a rilasciare una dichiarazione.

Il capo della polizia di Probolinggo, Alfian Nurrizal, ha dichiarato: “Quando è stata scattata la foto, è stato usato il “velo” per coprire il volto. Per quanto riguarda gli occhi luminosi, la motivazione risiede nel flash del telefono della fotocamera”.

“Il nostro auspicio è che venga messo un freno alla speculazione e alla diffusione di questa bufala”, ha poi aggiunto Nurrizal.

Il Daily Star Online ha rivelato che in passato, per le strade della zona nord di Londra, era stato più volte avvistato una sorta di vampiro.

I testimoni, infatti, riferirono di aver visto un uomo “fluttuante” con un abito vittoriano e un cappello a cilindro che apparentemente passava attraverso i cancelli chiusi a chiave.

La leggenda narra che il vampiro fosse un nobile che aveva praticato la magia nera nella Romania medievale.

https://www.google.com/amp/s/www.dailystar.co.uk/news/latest-news/highgate-vampire-london-uk-panic-17073342.amp

Il sapone all’aglio e acqua santa contro i vampiri

Le news più  strane

il sapone contro i vampiri

https://notizie.delmondo.info/2017/10/30/il-sapone-allaglio-e-acqua-santa-contro-i-vampiri/

Un’azienda americana specializzata in saponi ha in catalogo una saponetta decisamente insolita: si tratta infatti di uno speciale sapone all’aglio e all’acqua santa, che serve a tenere lontani i vampiri. I produttori infatti garantiscono che nessuna persona che abbia usato la saponetta è stata attaccata fisicamente da un vampiro.

La saponetta può sembrare uno scherzo, e indubbiamente è nata con uno spirito giocoso, ma ciò non toglie che sia un prodotto reale, dove PoJo Pure Vermont Soaps (questo il nome dell’azienda) ha impegnato tutte le sue capacità di produttore di saponette fatte a mano.

Certamente, ci viene difficile immaginare che qualcuno usi realmente il sapone, per quanto questo sia fatto utilizzando molti ingredienti (come il miele e il latte di capra) dei normali saponi fatti a mano dall’azienda, se non altro perché l’odore di aglio della saponetta è decisamente marcato, indubbiamente necessario per combattere i vampiri, ma forse poco pratico per lavarsi.

Rubano sacche di sangue umano e le abbandonano

Uno scatolone sospetto che, aperto, svela un contenuto insolito: sacche di sangue umano. Rinvenimento inconsueto quello effettuato nella giornata di ieri dagli agenti della Polizia di Stato nei pressi di un centro commerciale, nella zona di Ponte Galeria.

https://www.affaritaliani.it/roma/rubano-sacche-di-sangue-umano-le-abbandonano-caccia-ai-nuovi-vampiri-461549.html?refresh_ce

Nel corso dei minuziosi controlli effettuati, l’attenzione dei poliziotti del commissariato Fiumicino è stata attirata da uno scatolone abbandonato in strada, del quale hanno deciso di verificare il contenuto.

Avvicinatisi con tutte le opportune precauzioni, gli agenti hanno aperto lo scatolone constatando la presenza all’interno di materiale sanitario ed in particolare di alcune sacche di plasma umano destinate ad un nosocomio della Capitale.


Sono scattate pertanto le indagini per risalire alla provenienza di quanto rinvenuto, nel corso delle quali è emerso che le sacche erano stato rubate da un camion, nel corso di una breve sosta effettuata in un’area di servizio sulla Roma – Fiumicino.

Il tutto è stato recuperato e successivamente affidato al responsabile del reparto trasfusione del nosocomio, che conserverà il materiale in modo idoneo per gli ulteriori accertamenti che si rendessero necessari.
Proseguiranno, nel frattempo, le indagini per individuare i responsabili del furto.

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